Giovan Battista Caviglia

Nato in Liguria, capitano di marina lungamente domiciliato a Malta, Caviglia si reca in Egitto nel 1815 in qualità di capitano di bandiera di un legno toscano. Abbandonato il suo mestiere, si dedica interamente all'archeologia. Fa eseguire a sue spese dei lavori nella Piramide di Cheope e vari scavi nelle vicinanze della medesima, e all'intorno della Sfinge, fra le zampe della quale scopre un tempietto.

Nel frattempo si mette in contatto con il console d'Inghilterra, Henry Salt e con alcuni viaggiatori inglesi che ammiravano la sua pazienza e costanza nel dirigere a proprie spese i suddetti lavori con somma fatica e privazioni di ogni genere, abitando come un anacoreta in una delle grotte che si trovano nei dintorni delle Piramidi.

Ma, poichè il suo carattere era bizzarro e originale la gente si faceva beffe di lui, ripetendo una sua frase, cioè che "cercava la parola perduta". Persino il console sardo Pedemonte si preoccupa, ma essendo il Caviglia suddito di S.M. Britannica, non interviene. Ampère nel suo "Voyage en Egypte" scrive che Caviglia era tanto

affascinato da quelle masse enormi che, a forza di scavare intorno alle Piramidi e di vivere vicino ad esse, si era fatto suggestionare dalle superstizioni.

Tra le scoperte del Caviglia la più rilevante fu quella fatta

intorno alla grande Sfinge. Di questo immenso colosso era al sole soltanto la testa. Caviglia disotterrò l'intera Sfinge dalla sabbia .

Vedendo che lo scoprimento aveva scaldato la fantasia delle superstiziose donne egiziane che accorrevano in folla a toccare e scrostare i geroglifici, con l'idea che quel contatto contribuisse alla loro fecondità, Caviglia, preso da scrupolo, o piuttosto annoiato, riprese la strada del suo bastimento, facendo rotta per l'Inghilterra.